Come qualcuno di voi sa, da due o tre anni all’attività di traduzione ho affiancato quella di formazione.
È successo per caso: sono stata contattata per tenere un webinar di introduzione ai CAT, al quale poi è stato affiancato un altro corso sul mio amato memoQ. Inizialmente ero un po’ scettica, che è un modo delicato di dire che l’idea di metterci la faccia, uscendo in modo così clamoroso dalla mia area di comfort, mi rendeva parecchio nervosa.
Come faccio sempre per ogni lavoro che mi viene proposto, mi sono chiesta “Posso fornire valore facendo questa cosa?”, e la risposta, anche se data titubando ed esitando da dietro tutte le mie paranoie, è stata “sì”. E allora ci ho provato, e devo dire che è andata bene.
Chi si era iscritto mi è sembrato soddisfatto, e questa ovviamente è la prima cosa; ma per me è stato molto importante anche rendermi conto che mi ero divertita, e anche parecchio.
Così, a fine 2016 ho deciso di dedicare un po’ più tempo a questo ambito, e ho preparato un corso sui CAT online da una prospettiva un po’ diversa dal solito (ne ho parlato qui).
Soprattutto, però, di fronte alle richieste varie di formazione sui CAT, ho smesso di fare la gnorri e di reagire con varie declinazioni di “no no non sono in grado”, e ho iniziato a rispondere “parliamone”.
Avanti veloce all’inizio di febbraio, quando Elisabetta è arrivata da me per la I lezione del suo corso su memoQ.
Era una prima volta per lei (con memoQ, e quasi anche con i CAT), ma lo era anche per me: niente più webinar online, questa volta si lavora faccia a faccia e uno a uno. Il corso andava preparato su misura per le esigenze specifiche della mia alunna, che:
a) è una traduttrice esperta ma non utilizzava i CAT; aveva provato ad avvicinarli, sia da sola che seguendo webinar vari, ma ne aveva ricavato più che altro la sensazione di aver perso tempo (e anche soldi…);
b) lavora in un settore unico e molto specifico, quello legale, quasi solo con clienti diretti, facendo ampio uso di glossari, con un flusso di lavoro collaborativo di cui spesso fanno parte revisori (quindi linguisti) e cultori della materia (quindi giuristi);
c) oltre ai glossari, dispone di un patrimonio prezioso di traduzioni passate (o legacy per usare il “gergo” dei CAT) con il quale popolare le sue TM.
Non da ultimo, anzi!, l’obiettivo primario di Elisabetta non era “lavorare di più, ma (se mai) meno e (sicuramente) meglio”.
Non voleva, insomma, imparare a usare il CAT per accontentare l’esigenza di uno o più clienti che lo pretendevano, o per riuscire ad accettare più incarichi e/o volumi maggiori, che è la situazione tipo di chi si avvicina a questi strumenti; ma desiderava anzitutto migliorare la propria efficienza a parità di volumi.
Come ho cercato di soddisfare queste esigenze?
Siamo partite dalla struttura del funzionamento del programma: per capire “dove mettere le mani”, ma soprattutto dove non era necessario farlo. I TEnT sono animali complicati, ma non è necessario conoscere nei dettagli e saper gestire tutte le impostazioni e funzioni, almeno inizialmente. Quindi, ci siamo concentrate:
- sul flusso di lavoro di base;
- sulle configurazioni necessarie a un utilizzo iniziale;
- e sui comandi fondamentali dell’interfaccia di traduzione (ovviamente)
Siamo poi scese nel dettaglio delle funzionalità specifiche che sarebbero state utili a Elisabetta in base alle caratteristiche del suo lavoro:
- gestione di glossari e lexicon,
- revisione bilingue e monolingue
- allineamento
Tutto questo combinato con esercitazioni, necessarie per applicare le nozioni di cui avevamo parlato durante la lezione e, soprattutto, per rendersi conto di eventuali problemi e difficoltà pratiche. Elisabetta ha svolto queste esercitazioni in autonomia, e abbiamo poi provveduto a chiarire dubbi e problemi nel corso della lezione successiva.
Sono riuscita a soddisfare le esigenze di Elisabetta?
Lei sostiene di sì 🙂 e devo dire sinceramente che per il mio primo corso in presenza non avrei potuto chiedere un’alunna più entusiasta e coinvolta.
Naturalmente ora starà a lei integrare progressivamente memoQ nel suo lavoro quotidiano, ed è sicuramente un grosso cambiamento che non può avvenire dall’oggi al domani, ma mi è sembrata molto convinta. E io ho intenzione di continuare a pungolarla: ovviamente siamo rimaste in contatto, e abbiamo già previsto di rivederci tra qualche tempo per fare il punto.
Sta a lei dire se e quando sia soddisfatta, ovviamente; io posso dire che mi è capitato spesso di vederle accendersi una luce negli occhi di fronte alla “scoperta” di una funzionalità del CAT che poteva esserle utile, farle risparmiare tempo e migliorare il suo lavoro; oppure rendendosi conto che stava seguendo perfettamente un concetto specifico non proprio immediato, qualcosa che fino a poco tempo prima le sarebbe sembrato “troppo complicato”, e invece adesso filava via liscio. E anche se sospetto che tutto questo sia più merito dell’alunna che dell’insegnante ;-), per me è stata un’esperienza molto positiva, veramente ricca di soddisfazioni, e per questo non posso che ringraziarla (e ringraziare anche chi le ha raccomandato il mio nome!).
Nel frattempo ho anche conseguito la certificazione Intermediate per Studio 2017, ho appena iniziato un altro corso, sempre uno a uno, proprio su Studio… e devo dire che anche questo promette bene 😉
Conclusioni?
- Quando qualcuno vi dice “Guarda che secondo me ne sai e lo puoi fare”… provate a dire “parliamone”, anziché “no no no no no non sono capace”. Chissà che non vi succedano grandi cose. O “semplicemente” belle cose.
- Se vi interessa formarvi sui CAT… parliamone 🙂
Buon fine settimana!