La sindrome del traduttore bollito (sono un po’ stanchina)
Ancora adesso, dopo quasi 17 anni di attività, mi capita di cascarci. Anzi, forse ci casco anche più spesso, visto che (ahimè) il tempo passa, divento anzyana e le forze calano.
Sto parlando della sindrome del traduttore bollito, che più elegantemente e sinteticamente si potrebbe definire “burnout”: quella che ti colpisce quando lavori troppo per troppo tempo, senza darti tempo sufficiente a riprendere fiato.
I sintomi principali sono:
- Aumento esponenziale degli errori di ortografia e calo altrettanto esponenziale della qualità della mia scrittura. Praticamente, divento dislessica e tendo a dimenticarmi le regole base della sintassi. Capirete anche voi che, facendo quello che faccio, è abbastanza scocciante
- Tendenza a non trovare le parole nella tua lingua materna; parole che, invece, ti vengono benissimo in una delle tue lingue di lavoro. Il risultato sono dialoghi e scambi che Marinetti al confronto era Montale
- Crisi di astinenza da mondo reale. Nel senso che mi rendo conto all’improvviso di non uscire da dieci giorni se non per andare in palestra (rigorosamente con il favore delle tenebre, si sa mai che la luce del giorno mi provochi ustioni) e al pensiero di rimettermi davanti al Mac ho la nausea (letteralmente)
Le cause? Varie e concomitanti, comunque non tutte collegate al lavoro. Nel mio caso:
- vacanze di Natale che non sono state vacanze: l’anno prossimo parto per l’emisfero opposto il 20 dicembre e rientro il 6 gennaio. GIURO
- periodi ultraconcentrati di superlavoro (tipo 6000 parole belle toste da fare in un giorno e mezzo; molto ben pagate, e ci mancherebbe pure, ma pur sempre impegnative), alternati ad altri di stasi totale. I più attenti tra di voi noteranno che non ho detto “ozio” o “calma”: ho detto “stasi”. Ovvero, non lavoro, ma nemmeno mi riposo, occupata come sono a domandarmi perché non lavoro e quando tornerò a lavorare. E tutto questo (chiaramente! Altrimenti sarebbe troppo razionale) non perché sia preoccupata di stare fatturando troppo poco: semplicemente, dopo le prime 36/48 ore al massimo in cui mi rilasso, e finalmente riesco a gestire tutte le piccole e grandi incombenze che avevo trascurato prima, inizia il delirio. È più forte di me.
- masochismo generico, aka la mia incredibile capacità di complicarmi la vita. Come forse alcuni di voi sapranno, un paio di settimane fa ho pubblicato un corso online sui CAT. Ne sono molto orgogliosa; ma la creatura mi ha anche richiesto una quantità di tempo assolutamente sproporzionata alla durata del corso in questione.
Ho dovuto scoprire come funziona Udemy, imparare a usare decentemente iMovie (per la post-produzione video) e Audacity (per la post-produzione audio); e naturalmente mettere insieme i contenuti del corso, slide comprese.
Ero tutta orgogliosa e felice di essere riuscita a registrare tutte le lezioni in una giornata: peccato che la qualità dell’audio fosse pari a quella che avrei ottenuto registrando in una caverna, anche se io non ne avevo la minima idea; e così i gentili signori di Udemy hanno rifiutato il mio meraviglioso video di prova di cui andavo tanto fiera. Quando finalmente sono riuscita a ottenere una qualità semi-accettabile, loro hanno pensato bene di modificare tutto il sistema di verifica dei video. Per farvela breve: ho dovuto registrare daccapo tutto quanto (mi veniva da piangere), risistemare ogni singola traccia audio, risincronizzare tutte le slide.
Ora, lo so che non me l’ha ordinato il dottore, e con il senno di poi sono sicuramente felice di essermici dedicata: perché ho imparato moltissimo e perché il risultato finale mi soddisfa. Ma vi garantisco che, al milionesimo ascolto della stessa lezione, o alla ricezione del quinto feedback di Udemy che mi suggeriva di “utilizzare un microfono professionale” o “di registrare i miei contenuti in una stanza diversa, possibilmente dopo aver spostato i mobili e/o averli coperti con una materiale fonoassorbente” (non sto inventando), la tentazione di mollare e dedicarmi a qualcosa di più allettante (chessò, post-editing di materiale marketing pretradotto con Bing; oppure una ceretta violenta) è stata molto forte.
Ma in generale, la causa vera è sempre una sola ed è sempre la stessa: mi sopravvaluto. Sopravvaluto la mia capacità di tradurre ancora un po’, di resistere ancora un po’, di farcela ancora per un po’. Tiro e tiro e tiro e alla fine SPRONG la corda ovviamente si spezza.
Agevolo foto:
Scherzi a parte (nel senso che la firma ci farei a essere come JLD, anche al suo peggio), sono un po’ stanchina.
MA (COLPO DI SCENA!) domani parto, e per una settimana mi dividerò tra ciaspole, centro benessere e piscina. E strudel. Tantissimo strudel.
Per festeggiare vi lascio con
ben 10 coupon per iscrivervi al mio corso sui CAT con il 50% di sconto
Sono validi fino al mio ritorno, quindi fino all’11 febbraio. Per utilizzarli, fate clic QUI, oppure utilizzate il codice HOLIDAYS.*
Vi auguro una settimana rilassante almeno quanto la mia. Non esagerate, che poi vi ritrovate messi come me. Ci rivediamo quando torno (se torno) 😉
*Per chiarezza: come già spiegavo qui, è possibile che Udemy metta a disposizione il corso a un costo promozionale, che potrebbe anche essere inferiore a quello previsto da questo coupon. Al momento in cui scrivo non c’è alcuna offerta attiva (ed è improbabile che ne vengano attivate a breve, visto che il corso è stato in offerta lancio fino a pochi giorni fa); tuttavia io non ho controllo su queste promozioni e, soprattutto, non so a priori quando e se verranno attivate. In ogni caso, tenete presente che per tutti i corsi Udemy potete richiedere il rimborso entro 30 giorni!